Andare controcorrente, salutare le papere accoccolate al sole sulla sponda del Naviglio della Martesana e far partire il cronometro. Lasciandosi tutto alle spalle: le preoccupazioni, le persone che ti hanno deluso, le parole non dette e quelle che avresti preferito non pronunciare mai.
Passo sotto il primo ponte e vedo le auto sopra ferme in coda. Le supero con un misto di soddisfazione, felice di non essere intrappolata dentro quella scatola di metallo ed essermi ritagliata un’ora solo per me. Maglietta termica, calzonicini e scarpe arancioni fluorescenti che si vedono anche con la nebbia più nebbia che ci sia. L’unico obiettivo è arrivare al parco e tornare indietro mettendoci almeno un minuto in meno di ieri. Per sentirmi libera, per sentirmi viva.
Le chiavi di casa le tengo strette in mano, non voglio nient’altro addosso. Niente telefono e niente musica nelle orecchie. Voglio sentire i miei passi quando appoggio i piedi per terra e dal tallone arriva quel fremito alla base del cranio che mi dice: “Vai non ti fermare”. Ma soprattutto voglio restare sempre vigile. Con le cuffie potrei non accorgermi di qualcuno che si avvicina da dietro.
Lo so, non dovrei dare retta a quella vocina che continua a ripetermi: “Quando meno te lo aspetti potrebbe capitarti qualcosa di spiacevole”. Cosa mai potrebbe succedermi? È mezzogiorno, c’è un bel sole autunnale e l’alzaia della Martesana è piena di runner di tutte le età, signore a spasso col cane e ragazzi seduti sulle panchine che spipolano col telefonino. Come faccio ad aver paura che qualcuno si avvicini e mi dia fastidio?
Eppure un pizzico di paura ce l’ho. Però se accaddesse qualcosa potrei sempre correre, dopotutto sono allenata. È questo il solo pensiero che mi sia mai riuscito a tranquillizzarmi.
Deve aver pensato la stessa cosa Irene, la runner aggredita e sfregiata sul Naviglio Grande mentre faceva jogging. Non alle 8 di sera quando è già buio, ma all’una di pomeriggio. Non in un tratto isolato dove nessuno passa, ma all’altezza del parco Ex Area Pozzi di Corsico.
Quando ho letto quello che è successo ad Irene e ho visto dove mi sono venuti i brividi. So benissimo dov’è l’Ex Area Pozzi. Ho visto nascere il parco e ogni volta che ci passo sono felice che sia stato rimesso a posto e tanta gente corra lungo l’alzaia fermandosi a bere alla fontanella. Proprio come ha fatto Irene mercoledì 29 ottobre. Era talmente concentrata a bere che non si è accorta dei tre, forse quattro uomini che si sono avvicinati e l’hanno trascinata all’inferno. L’hanno sbattuta contro un muro, tagliuzza con un coltellino e strappato i vestiti di dosso. Solo l’intervento di altri due runner l’ha salvata da una violenza ancora peggiore.
Continuo a correre e ogni volta che incrocio un altro runner penso che non ci unisce solo la passione per la corsa, ma la voglia di essere liberi. Nessuno può togliercela. Non voglio che dei criminali abbiano la meglio. Non voglio aver paura che qualcuno rovini la mia giornata con uno sguardo, un gesto o peggio ancora una violenza. Per questo motivo è importante partecipare alla corsa organizzata domenica 9 novembre da Alessandra Vismara e vari gruppi di runner milanesi, primi fra tutti i Podisti da Marte e il negozio Oops GottaRun, con ritrovo alle 12 davanti alla Canottieri Milano.
Intanto oggi andrò a correre con le cuffie nelle orecchie. Oggi andrò a correre anche per Irene.
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