Quando in sala arriva il carrello degli arrosti e bolliti del signor Campari lo stomaco del vero milanese inizia a fare spazio. Perché trovarsi davanti il meglio della tradizione enogastonomica meneghina non succede tutti i giorni. Nemmeno sotto la Madonnina.
Oggi infatti per gustare un piatto di casseola o di mondeghili bisogna uscire dalla città e costeggiare il Naviglio Grande fino ad Abbiategrasso, patria di riso e gorgonzola doc.
Qui i piatti milanesi, cucinati come una volta, sono il fiore all’occhiello del ristorante Agostino Campari. A prepararli, scegliendo con cura le materie prime, è ancora lo stesso proprietario che scelse di dare il suo nome alla trattoria aperta nel 1991.
Siamo andati a chiedergli qual è il segreto del suo successo.
Guarda la video intervista ad Agostino Campari
“Puntare sulla tradizione, curare la clientela e fare attenzione alla qualità dei prodotti”. Per Agostino Campari sono queste le tre semplici regole per avere successo nella ristorazione. Soprattutto oggi dove nel giro di pochi chilometri si possono assaggiare tutte le cucine del mondo. Poche, pochissime però sono quelle che propongono ancora riso e rane o i bolliti.
Un’eredità che il ristorante Campari ha continuato a custodire anche quando in Italia è arrivata la nouvelle cousine o la moda dell’etnico. Dopo più di 20 anni dalla sua apertura, quegli stessi piatti fatti con passione sono diventati il marchio di fabbrica riconosciuto in tutta la Lombardia. “Io mi innamoro di ogni piatto che cucino, se non piace a me come posso farlo assaggiare a un cliente?” ci spiega il signor Campari mentre il figlio Alberto aggiorna la lista dei vini e la figlia Chiara si occupa dei dolci.
Perché ha scelto gli arrosti e i bolliti come piatto forte del suo ristorante?
Prima di aprire ad Abbiategrasso sono stato cuoco per più di 25 anni alla Bettolina di Gaggiano dove venivano a mangiare personalità del calibro di Craxi e Berlusconi o artisti come Maria Callas e Quasimodo. Per me è stato naturale puntare sui piatti della tradizione milanese che hanno sempre avuto un grande successo di pubblico.
Da cosa è composto il suo famoso carrello di arrosti e bolliti?
Ci sono sempre almeno otto tagli di carne. Dai salumi alle testine di vitello passando per le lingue salmistrate. In autunno poi il piatto forte è la casseola memntre in estate abbiamo le rane fritte. Inoltre ci sono i brasati, gli arrosti come il codino al forno, il polletto alla diavola o il prosciutto al forno e per finire il nostro polpettone agli amaretti.
Quanto è importante il legame col territorio?
Siamo nella patria del riso e delle rane e a pochi chilometri ci sono i nostri bovini piemontesi e pavesi. E’ grazie a questi luoghi che possiamo cucinare dei piatti così buoni. Non ho mai accettato carne che venisse dalla Scozia o dall’Argentina perché mi entusiasmo solo per i nostri prodotti.
Quanto sono importati le materie prime?
Sono fondamentali se si vuole offrire un ottimo prodotto. I nostri fornitori di carne sanno che puntiamo sulla qualità e non ci offrono nulla che sia al di sotto della soglia dell’eccellenza. Se non è roba buona nella mia cucina non entra.
Come si coniuga tradizione e innovazione?
Bisogna aggiornarsi sempre, adeguarsi alla stagionalità, ma senza mai fare dei cambiamenti radicali. I clienti premiano chi mantiene una certa linea e apprezzano i piatti della cucina lombarda se sanno che sono cucinati secondo la tradizione.
Per il pranzo di Natale avete pensato a qualcosa di speciale?
Partiamo da una vasta scelta di antipasti come lo zampone con crema di tartufo fino ad arrivare al carrello degli arrosti dove la fanno da padroni cappone bollito o sanguinaccio accompagnati da mostarda di castagne e salsa verde. E per venire incontro a chi non vuole uscire il giorno di Natale, ma non ha nemmeno voglia di cucinare, diamo la possibilità di prenotare le portate per mail o telefono e venirle a prendere comodamente. Un buon compromesso per gustare i nostri piatti e far bella figura a casa.
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