I Navigli ci rendono romantici, malinconici e qualche volta folli. Non è un caso che la poetessa per eccellenza dei Navigli di Milano si fosse definita come “la pazza della porta accanto”, dal titolo del suo libro in prosa uscito nel 1995.
Sigaretta sempre accesa. A chi passa oggi in Ripa di Porta Ticinese 47 una targa ricorda il legame indissolubile col Naviglio Grande e chissà che l’autore del murales, apparso per poco più di una giornata e poi cancellato, abbia più fortuna la prossima volta che deciderà di abbellire un vecchio cancello con l’immagine di a cui ci aveva abituato la Merini: lo sguardo indagatore che sapeva ironizzare della vita mentre a fianco si consumava l’immancabile sigaretta.
Non c’è ricordo migliore che rileggere i suoi versi e ripercorrere la storia di una donna straordinaria, nata povera, amante dlla cultura, finita in manicomio, non di certo bella, ma affascinante, con quel rossetto troppo spinto che la rendeva così carnale e contrastava in maniera così vistosa con la sua etichetta eterea di poetessa.
“Io sono una donna molto facile, molto normale, hanno fatto una costruzione enorme ma in fondo sono una persona di tutti i giorni, sono proprio la pazza della porta accanto”
L’occasione per rituffarsi tra le sue acute osservazioni e le poesie più toccanti ce la offre la presentazione del libro di Aldo Colonnello “Alda Merini la poetessa dei Navigli” in programma martedì 25 novembre alle 18 presso lo spazio Oberdan di Milano.
Presenti il fratello Ezio Merini, Roberto Brivio, cabarettista e scrittore, e Giulio Grittini, il fotografo ufficiale di Alda.
“Illumino spesso gli altri ma io rimango sempre al buio”
Se invece preferite il cinema, potreste scovare nella sala dimenticata sotto casa il documentario di Antonietta De Lillo, intitolato proprio “La pazza della porta accanto”. Si tratta di frammenti di conversazione e riflessioni vecchie di 20 anni, rimasti finora inutilizzati.
De Lillo è riuscita a fare un ritratto autentico della donna follemente innamorata della vita, con l’anima scatenata e i capelli pettinati dal vento che sapeva usare parole affilate. Si esce dalla sala inebriati dalla sua voglia di vivere e dalla sua poesia, così profonda e così ironica da rendere unica anche una fredda giornata sui Navigli.