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Cosa rimane delle Case dei custodi delle acque

11 Novembre 2014 by navigli24 Lascia un commento

Vaprio D’Adda e Abbiategrasso non hanno in comune solo due tra le più impressionanti curve a gomito del sistema dei Navigli, quello della Martesana e Grande. Proprio dove la corrente cambia direzione per puntare dritta su Milano, sia che provenga da est che da ovest, sorgono le Case dei custodi delle acque.
Si tratta di una figura che compare per la prima volta in alcuni documenti del Quattrocento a cui era affidata la sorveglianza di un particolare tratto di canale.

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Il retro ristrutturato delle Casa del custode delle acque di Vaprio D’Adda.

Chi era il custode delle acque. Compito del custode era vigilare sullo stato delle sponde, segnalando periodicamente all’autorità milanese eventuali corrosioni o cedimenti degli argini. Il custode inoltre doveva rilevare tre volte al giorno (mattino, mezzogiorno e sera) il livello dell’acqua attraverso un idrometro fisso immerso nel canale e ogni quindici giorni inviava a Milano lo Stato del pelo dell’acqua. Era una rilevazione indispensabile per assicurare un equilibrato utilizzo dell’acqua per la navigazione e l’irrigazione. Visto quello che succede lasciando fiumi e torrenti senza controllo c’è da pensare se non serve ancora una figura del genere.
Ma torniamo a noi. Fra le numerose incombenze del custode c’era anche quella di controllare lo stato dei ponti, spesso danneggiati dalle barche. Due esempi di strutture dedicate ai compiti dei guardiani sono arrivate fino a noi, purtroppo in condizioni ben diverse. La più fortunata è rinata grazie a un’associazione di cittadini e oggi è sede di mostre e vanto per la città. La sorella gemella è stata messa in sicurezza prima che crollasse del tutto e ora è lì che osserva passare l’acqua del Naviglio dalle sue finestre rotte.

La casa del custode di Vaprio D’adda

 

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Come si presentava la casa prima del restauro.
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Oggi la Casa del custode è sede dell’omonima associazione che organizza mostre e convegni.
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In questa casa soggiornarono principesse, pittori e, naturalmente, semplici viandanti.

Centro della vita della comunità. Grazie all’associazione Casa del custode delle acque, nata nel 2000, Vaprio D’adda vanta ora un gioiellino che fa bella mostra di sé lungo il Naviglio della Martesana. L’edificio è stato completamente restaurato ed è diventato un centro culturale dove si tengono mostre, corsi e serate d’autore.
Un presente degno della sua storia che ha visto passare per le mura di questo edificio principesse, pittori e semplici viandanti.
Risale alla metà del XVI secolo. Le prime notizie che si hanno di questa Casa risalgono al 1542 mentre qualche anno più tardi viene descritta come Casa Regia o Regia Camera cioè il luogo deputato ai pagamenti dei dazi sulle merci che attraverso il Naviglio della Martesana andavano a Milano.
Il gestore, detto camparo, oltre a vigilare sullo stato delle sponde, aveva anche la responsabilità di mantenere funzionante il sistema delle acque tra Naviglio e fiume Adda. Intorno al 1560-70 l’edificio fu ampliato così come lopossiamo ammirare oggi.
Punto panoramico anche per Leonardo. Tra i personaggi famosi che soggiornarono in questa casa ci sono una principessa di Savoia, il pittore olandese Gaspar Van Wittel che nel 1719, visitando il nord Italia, si fermò a Vaprio e da questa casa fece un disegno preparatorio dal quale produrrà sette splendide Vedute di Vaprio, e quello veneto Bernardo Bellotto, che disegnò quattro Vedute di Vaprio e Canonica, una conservata al Metropolitan Museum di New York.
Che la casa del custode sorga in un punto panoramico d’eccezione lo conferma anche il fatto che Leonardo Da Vinci soggiornò proprio in questo punto secoli prima che venisse costruita per studiare il sistema delle acque.

La casa del custode di Abbiategrasso

 

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La Regia casa di Castelletto risale all’inizio del XVII secolo.
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Ecco come appariva la Casa prima che fosse rifatto il tetto per il pericolo di crolli.
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La parte della Casa che si trova verso il centro abitato è stata ristrutturata completamente, ma non è ancora utilizzata.
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Sulla facciata principale si riesce ancora a leggere: Genio civile – Magazzino idraulico.

Abbandonata e utilizzata. Destino diverso è stato invece riservato alla sorella occidentale della casa di Vaprio. Ad Abbiategrasso, in località Castelletto, la Casa del custode delle acque è un guscio vuoto, ricoperta di rampicanti e circondato da un giardino incolto. Passando sul ponte o lungo la ciclabile che porta a Robecco sembra di vedere un pezzo di storia che sta per crollare ed essere dimenticato. La struttura è stata messa in sicurezza nel 2005 grazie a un intervento di restauro conservativo, ma sul suo uso non c’è ancora nessuna proposta effettiva. Il problema infatti è che la Casa appartiene al demanio e questo complica a dismisura ogni eventuale progetto di valorizzazione e utilizzo da parte dei cittadini come è stato invece fatto per il vicino Palazzo Stampa, ristrutturato e oggi sede della Fondazione Per Leggere.
Testimonianza della fine del ‘500. L’edificio però è tutt’altro che insignificante. Il primo documento che parla della Casa delle acque ad Abbiategrasso risale al 1618 e conferma l’originaria residenza del Camparo del Naviglio.
Nonostante la destinazione d’uso dell’edificio fosse tipicamente operativa, finalizzata cioè ad ospitare pubblici uffici, la Casa del guardiano delle acque si presenta come una villa residenziale, strutturata su tre piani e con un ampio giardino sulla parte posteriore.

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Nonostante il carattere operativo, la casa è strutturata come un edificio residenziale a tre piani.
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Si trova dove il Naviglio Grande arrivando da Robecco si divide: una parte delle acque vira verso Milano, l’altra dà vita al Naviglio di Bereguardo.
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La Casa è oggi un guscio vuoto e nessuno sa quale potrà essere il suo utilizzo.

Caduta in disuso alla fine dell’800. Al suo interno trovavano anche posto uffici pubblici, nei quali funzionari quali il Commissario e il Questore delle Acque svolgevano quotidianamente la loro funzione di ispezione e controllo del canale. Con l’avvento dell’epoca giolittiana e la caduta in disuso del Naviglio Grande come arteria di comunicazione, l’edificio fu abbandonato, andando incontro ad un progressivo peggioramento delle condizioni strutturali.

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